È passato un anno dal mio switch da Nikon a Fuji e in questo tempo ho avuto modo di costruire un corredo di tutto rispetto e, per le mie esigenze, piuttosto completo.

Nella fattispecie alla X-T20 ho aggiunti la X-H1 (una macchina controversa a cui in seguito dedico un resoconto dettagliato) per quanto riguarda i corpi macchina mentre, sul versante ottiche, attualmente il correndo comprende il 23mm f1.4, il 16-55 f2.8 e il 50-140 f2.8.

La scelta del corredo

La parte più complessa è stata quella di scegliere i corpi macchina.
Inizialmente il mio pensiero fu quello di affiancare alla Nikon D610 una macchina più compatta votata alla street photography senza, tuttavia, rinunciare alla qualità d’immagine del sensore e alle ottiche intercambiabili. Purtroppo il passaggio da un corpo come quello della D610 (ricordiamo che siamo nell’ambito del semi professionale Full Frame) ad uno come quello della X-T20, dopo un’iniziale euforia, ha iniziato a mostrare il fianco in termini di ergonomia. Pur non avendo delle mani enormi mi sono trovato un po’ a disagio in lunghe sessioni fotografiche anche se la compattezza ha migliorato l’interazione con le regolazioni manuali dei parametri di scatto (ISO a parte non essendo previsto il comando dedicato).

A questo punto l’unica via è stata quella di optare per un corpo da eleggere a principale e la scelta è stata molto dibattuta tra la X-T3 e la X-H1.

Da un lato, quello della X-T3, pendevano il sensore rinnovato e con maggiore risoluzione (26mpx vs 24mpx), il processore aggiornato e un’ergonomia dei comandi votata all’immediatezza senza eccedere in soluzioni da fotocamera digitale, quindi completamente (per i parametri fondamentali) basata su ghiere.

Sul versante opposto, invece, si trovava la X-H1 che pur pagando il pegno del sensore di precedente generazione introduceva nel mondo Fuji la stabilizzazione sul sensore, uno schermo superiore unito alle pratiche ghiere per la regolazione dei parametri. Una sorta di Nikon FF made in Fujifilm se vogliamo.

A voler essere pignoli a favore della X-T3 andavano assegnati dei punti anche sul reparto video e autofocus nonostante la X-H1 fosse stata presentata sottolineando la vocazione videomaker.

Alla fine ha prevalso la X-H1 per il corpo con un grip maggiormente pronunciato, il display superiore e la stabilizzazione sul sensore che, specie con obiettivi privi di stabilizzazione ottica (come il 16-55 f2.8), risulta estremamente comodo e utile.

Il capitolo ottiche è stato, invece, più complesso. Dopo anni di uso esclusivo del 35mm f1.4 Sigma Art, con l’acquisto della X-T20, ho riprovato uno zoom (il 18-55 f2.8-4) e ho dovuto ammettere fosse comodo in più di qualche occasione. La mancanza di un fisso con una lunghezza focale equivalente al 35mm in Full Frame si faceva comunque sentire e così optai per il più luminoso offerto dalla casa: il 23mm f1.4.

Confrontato con la versione f2 perde, a TA, un po’ di nitidezza e la tropicalizzazione ma venendo abbinato ad un corpo non tropicalizzato non lo considerai come un limite.

Acquistata la X-H1, complice la possibilità di ottenere un buon bilanciamento con ottiche più pesanti, ho dapprima sostituito il 18-55 con il 16-55 f2.8 e, successivamente, ho aggiunto il 50-140 f2.8.

Entrambi gli zoom si pongono al vertice della gamma e rientrano nella fascia professionale del produttore nipponico portando con essi tutti i requisiti di questo tipo di clientela quali la qualità costruttiva, quella ottica e la tropicalizzazione.

Volendo trovare una pecca a questi obiettivi potrei dire che il 16-55 non è dotato di uno stabilizzatore ottico ma tale mancanza, nel mio caso, viene compensata da quello sul sensore della X-H1.

Da notare, come nel caso del 50-140 f2.8, qualora sia prevista la stabilizzazione integrata nell’ottica essa si sommi a quella del sensore permettendo l’uso di tempi molto lenti e una conseguente riduzione degli ISO.

Prestazioni ed esperienza d’uso

Da sempre scatto in modalità completamente manuale eccetto la messa a fuoco dove prediligo il punto singolo e l’autofocus continuo. Nel caso di eventi sportivi (come un evento rallistico) ho potuto sperimentare la funzione di tracking AF dell’ammiraglia e devo dire che si è comportato davvero bene grazie anche alla più che buona copertura del fotogramma da parte dei punti di messa a fuoco.

Davvero un ottimo risultato!

Per quanto concerne la qualità d’immagine mi sono trovato completamente appagato e non ho sofferto del passaggio dal pieno formato Full Frame a quello ridotto APS-C, neppure nella resa ad alti ISO, grazie all’alta qualità dei sensori X-TRANS di Fuji e alla mia tendenza, ove possibile, a variare diaframma e tempi piuttosto che aumentare gli ISO. Va comunque detto che fino a 6400 ISO le foto sono stampabili e, anche spingendosi a 12800, la grana rimane contenuta e caratterizzata da un apprezzatissimo sapore analogico. Veramente ben fatto Fuji!

Tutto questo vale sia per la X-T20 che per la X-H1 visto che condividono il medesimo sensore anche se mi sembrano leggermente migliori i risultati ottenuti con la seconda rispetto alla prima.

Non si può parlare di esperienza d’uso senza parlare di ergonomia e devo dire che, se la piccola di casa di casa offriva il fianco sotto questo aspetto indolenzendo la mano dopo un uso non troppo prolungato, l’ammiraglia, anche senza battery grip, offre un confort, a mio avviso, estremamente alto e superiore a quello della ormai ex Nikon D610.

Una nota sul confronto mirino EVF e quello classico delle reflex: nel caso della X-T20 risulta, a mio avviso, un po’ troppo piccolo mentre la situazione migliora drasticamente nel caso dell’ammiraglia. Nonostante questo, almeno inizialmente, il feeling che si ottiene è piuttosto strano per chi è abituato ad usare una classica reflex. Con il tempo ci si abitua e si iniziano ad apprezzare tutte le possibilità offerte da questo tipo di tecnologia, come la visione della preview a quella dei menu senza dover spostare l’occhio dal mirino.

Non tutto è rose e fiori e infatti qualche pecca c’è: la durata della batteria non è eccelsa e se si pensa di fare qualche centinaio di foto in una singola giornata conviene dotarsi di più batterie o, per evitare di dover aprire lo sportellino qualora il tempo sia brutto, del battery grip (purtroppo disponibile solo sulla ammiraglia).

Considerazioni finali

Una doverosa premessa: non sono mai stato uno che scatta a raffica prediligendo una fotografia pensata e mettendo sempre l’emozione vissuta in prima persona davanti allo scatto fine a sé stesso.

Al netto di questo la velocità di scatto è di gran lunga superiore a moltissime reflex e, una volta presa la mano con le varie ghiere sul corpo e le ottiche, si riesce a gestire la macchina in modo estremamente efficace. Come detto sulla qualità d’immagine non ho nulla di cui lamentarmi pur avendole testate in moltissime condizioni.

Sono soddisfatto del passaggio quindi? Direi di sì!

Lo consiglio a tutti? Dipende.

Il passaggio ad una mirrorless può essere interessante a prescindere dalla marca scelta. Fuji, in particolare, offre un feeling molto particolare di stampo analogico e dei file interessanti anche se, come conseguenza della diversa tecnologia adottata nei sensori X-Tran, serve affrontare una curva di apprendimento per quanto riguarda la post produzione. Nel mio caso, dopo un periodo di prova con Capture One, sono tornato ad usare Lightroom. Effettivamente all’inizio Lightroom generava qualche problema nella gestione dei raw ma con il tempo (e gli aggiornamenti) il gap tra i due programmi si è ridotto notevolmente. Consiglio, in ogni caso, di provare entrambi i software per valutare quale risponde al meglio alle vostre esigenze.

Tenete comunque presente che Lightroom è incluso in un abbonamento mentre Capture One è gratuito o acquistabile con licenza perpetua.

Vi lascio qualche scatto d’esempio delle due macchine.
*gli scatti sono a risoluzione ridotta per questioni di peso, qualora vogliate il file a risoluzione massima sarà lieto di forniverli*