Nel gennaio 2008 Apple presentò quello che potremmo definire come il primo Ultrabook della storia, un notebook che abbandonò completamente il lettore DVD, moltissime porte di connessione e la potenza bruta per concentrarsi completamente sulle dimensioni ed il peso: il primo MacBook Air.

Da quel giorno sono passati ormai oltre 12 anni e il trend segnato da Cupertino è continuato inesorabilmente.

I notebook sono diventati sempre più sottili e compatti, anche quelli delle linee professionali come i MacBook Pro o gli XPS di Dell, ma a quale costo?

Ormai cercare un computer portatile in cui nessun elemento (eccetto il processore e la scheda video, per ovvie ragioni) sia saldati è quasi utopia se non si vuole uno spessore eccessivo o rinunciare ai materiali premium (come l’alluminio) ad un prezzo relativamente contenuto.

Questa moda di ridurre le dimensioni ha portato anche ad ulteriori problemi legati alle connessioni con le periferiche e alle temperature.

Le porte ethernet sono quasi andate perdute completamente, i lettori di schede SD stanno lentamente lasciando il posto a quelle microSD e le connessioni ai monitor senza adattatore diventano sempre più rare.

Certo, questo è il progresso ma è giusto perseguirlo così?

Ogni anno che passa le possibilità offerte dai nuovi processori e dalle schede video aumenta sempre più ma le aziende sembra si siano dimenticate che maggiori potenze richiedono maggiori dissipazioni di calore.

È vero, nei computer di fascia alta ormai da anni la plastica sta lasciando il posto all’alluminio che, oltre a migliorare l’aspetto e la robustezza del prodotto, garantisce una migliore dissipazione passiva ma ciò non elimina la necessità di inserire ventole e heat pipe delle giuste dimensioni per prevenire surriscaldamenti e ridurre la rumorosità durante l’uso.

A tal proposito vorrei prendere ad esempio il nuovo MacBook Air del 2020.

Questo computer è da sempre stato un ottimo strumento di lavoro per tutti coloro che necessitassero di un dispositivo compatto, versatile e veloce per le normali attività d’ufficio, studio o multimediali generaliste ad un (per gli standard di Cupertino) prezzo basso.

Con questa generazione l’azienda si è mossa un po’ troppo oltre, a mio parere, creando un prodotto sicuramente più performante delle generazioni passate (hanno introdotto i processori quad-core al posto dei vecchi dual-core) ma hanno sbagliato i conti con la dissipazione e di grosso aggiungerei!

Una piccola precisazione prima di continuare: se acquistate questo computer per l’uso per cui è stato pensato non rimarrete delusi ma non eccedete con le configurazioni disponibili, i problemi sono dietro l’angolo.

Appurato il salto in termini prestazionali che cosa è andato storto?

Il discorso è estremamente semplice.

Ricordate il MacBook 12” presentato nel 2015? Se non lo ricordate poco importa, si trattava di un computer dotato di una potenza relativamente bassa senza ventole, il primo ed unico Mac dell’era Intel a non esserne dotato.

Il nuovo MacBook Air ha cercato di emulare il fratello commettendo due gravissimi errori: aumentare la potenza ed inserire comunque una ventola.

Lo so, molti di voi rimarranno interdetti dal secondo errore ma concedetemi di procedere con ordine.

Aumentare la potenza significa aumentare il calore prodotto dal sistema che, se non dissipata correttamente ed in tempi rapidi, porterà ad una riduzione delle performance della macchina fino a quando la temperatura non sarà ritornata accettabile.

Questo fenomeno viene chiamato throttling termico.

Apple in questo nuovo ultrabook ha inserito una CPU Intel pensata per lavorare in macchine fanless (senza ventole), una scelta interessante visto che ha installato comunque una ventola all’interno del computer!

Eccoci giunti al punto più interessante della questione: sulla CPU è stato montato un elemento di dissipazione passiva che, grazie anche all’alluminio del case, dovrebbe portare ad un controllo delle temperature accettabile senza l’uso di una ventola, tuttavia quest’ultima è comunque presente ma non collegata all’heat pipe (un elemento metallico che preleva il calore dalla CPU e lo porta fino alla ventola, tra l’altro non presente in questo caso).

Quindi a cosa serve la ventola? In teoria servirebbe, facendola ruotare ad una velocità bassa e costante, ad aiutare il case a dissipare il calore al suo interno ma ciò non avviene perché, probabilmente, lo spazio interno è troppo ridotto e la ventola è troppo lontana dalla fonte di calore.

A complicare le cose il sistema, non riesco a comprenderne il motivo onestamente, pare utilizzare la ventola come in un qualunque altro Mac facendole incrementare la velocità in base alla temperatura del processore che, non essendo raffreddato e molto potente, tenderà a scaldare senza sosta.

Risultato? Un computer rumoroso che scalda e taglia potenza per evitare problemi dovuti alle alte temperature.

Potrebbe sembrare, questo esempio, un caso di un grave ed unico errore da parte di Apple ma, strano ma vero, così non è.

Nel restante mondo informatico accadono cose strane, spesso legate al sistema operativo e ad una gestione poco furba delle temperature.

In questo caso mi riferisco a molte soluzioni con a bordo Windows 10 dove le ventole vengono spinte a regimi di rotazione eccessivi nonostante il case in alluminio ed un carico CPU limitato a circa il 30% e della durata di qualche secondo o minuto.

Possiamo dire che tutta la colpa di questi problemi sia delle aziende che producono prodotti scadenti e li vendono a prezzi esorbitanti?

Sì e no.

Ricordiamo che le aziende seguono quelli che sono i trend del mercato.

Anni fa c’era la corsa, nel mondo della telefonia, alla fotocamera con il maggior numero di megapixel, poi ci sono state quelle alla dimensione del display, al numero di core del processore, alla risoluzione del pannello o alla quantità di RAM.

Il problema risiede, a mio avviso, proprio nel mercato malato che noi utenti abbiamo voluto ricercando una soluzione unica, compatta, performante, silenziosa e con una scheda tecnica da “io sono migliore perché ho più core/RAM/pixel/etc” senza tenere conto delle reali necessità di utilizzo e i compromessi che tutto ciò avrebbe comportato.

Questo processo ha portato i produttori a pompare le schede tecniche, inventare soluzioni più o meno fantasiose per confezionare i componenti cercando (questo va detto) il maggior profitto con la minor spesa sostenendo il tutto con un ottimo marketing sacrificando l’espandibilità, la longevità ed il corretto posizionamento dei propri prodotti nel mercato.

Come superare questo impasse?

Un buon inizio sarebbe cercare di capire le proprie reali esigenze senza farsi condizionare dal pensiero altrui ricercando nei prodotti il reale uso per cui sono stati pensati e solo allora procedere all’acquisto.

Sono consapevole che certe analisi vanno oltre le competenze medie delle persone e che quindi risulterebbero difficili e qui entrano in gioco i recensori, i blog e le riviste che dovrebbero fare recensioni più approfondite spendendo qualche parola sulla reale destinazione d’uso del prodotto testato nel modo più oggettivo e semplice possibile.

Lo so, la mia è quasi un’utopia ma rimane la speranza di vedere le aziende produrre prodotti sensati e ben pesati e al contempo degli utenti più consapevoli e felici delle loro scelte.